D: Prof Chiaroni, parliamo di Data Driven Building. E’ corretto affermare che si tratti di un punto di arrivo per l’edilizia contemporanea e che la vera sfida – anche in chiave ESG – non sia tanto nella realizzazione dell’infrastruttura, quanto piuttosto nella sua gestione? E, nel caso, perché a suo giudizio?
R: Il nostro osservatorio sugli Smart Building ci dà uno spaccato della situazione molto interessante. Su un campione di oltre 2500 famiglie intervistate soltanto il 9% è in grado di definire un edificio “smart” e “data driven” e oltre il 60% non sa di cosa si tratta o ne ha sentito parlare solo vagamente … eppure – se prendiamo le singole tecnologie che costituiscono un edificio intelligente – oltre l’80% del campione dice di conoscerle o di averne avuto esperienza diretta.
Il punto quindi non è tanto nel dotare un edificio delle corrette tecnologie quanto di farle percepire in maniera integrata a chi lo vive e, ovviamente, di aggregare i dati e le informazioni relative al loro utilizzo e allo “stato” dell’edificio.
Oggi è chiaro, soprattutto a chi opera nel settore, il punto di arrivo, ma la strada da percorrere è ancora lunga, soprattutto appunto perché si sottovaluta il fatto che non basta dotare l’edificio delle corrette tecnologie, ma che bisogna integrarle e “farle vivere” insieme all’edificio, gestendole nel tempo e traendone, cosa ancor più interessante, valore nel tempo.
D: Qual è secondo lei la situazione attuale del mercato dei big data legati all’ESG e agli edifici intelligenti, e quali ostacoli vede in campo allo sviluppo di questo mercato?
R:Il mercato dei dati legati agli edifici è ancora davvero agli inizi, soprattutto in Italia, e sono ancora molte le difficoltà, anche di natura normativa, per il loro pieno utilizzo.
Il più grande ostacolo, tuttavia, è oggi legato alla estrema parcellizzazione dei dati, da un lato, con l’assenza (o meglio la ridotta presenza) di efficaci “aggregatori” a livello di edificio, e, dall’altro lato, alla ridotta diffusione dei “data driven” e degli “smart” building (secondo il nostro osservatorio meno del 10% degli edifici residenziali di nuova costruzione, ed il 30% degli edifici del terziario) che impedisce una “aggregazione” tra edifici, in ottica di benchmark…insomma si fa fatica a parlare ora di “big data”.
Come sempre in questi mercati però basta poco, basta superare la massa critica iniziale, perché il mercato poi esploda…bisogna quindi prestare molta attenzione ai segnali deboli e alla crescita (che c’è stata nel 2021 e nel 2022) delle applicazioni.
D: Quali sono i big data legati agli edifici che destano maggiore interesse?
R: Innanzitutto ci sono i dati “energetici”, estremamente preziosi (e mai come in questo periodo), per definire politiche di prezzo dell’energia legati – pensando ad edifici che abbiano anche impianti di produzione di energia e/o sistemi di storage – ai profili di produzione e consumo.
Vi sono poi i dati di “presenza” e “uso” (pensiamo ad un edificio del terziario) che costituiscono un efficace strumento per la pianificazione degli spazi e, in un epoca dove lo sharing è divenuto comune, anche per la loro valorizzazione.
Per gli edifici commerciali poi questi dati sono ancora più preziosi per stimare il numero futuro di clienti e monitorare le tendenze di consumo (un po’ come capita coi sistemi che monitorano il traffico) e ancora una volta possono suggerire efficaci impieghi degli spazi.
Infine, nell’ottica dell’Economia Circolare, ci sono tutti i dati relativi ai materiali, le componenti, gli impianti che stanno in edificio…che possono rappresentare un “serbatoio” di valore, soprattutto se associati ad informazioni sul loro stato in tempo reale o quasi.
D: Su questi ambiti, ci sono modelli di business consolidati o sono ancora da costruire? Qual è la situazione dal suo punto di osservazione?
R: Come dicevo prima il mercato non ha ancora raggiunto la “massa critica” e quindi non ci sono modelli di business “dominanti” ed anche la dinamica imprenditoriale (delle start-up) sul mercato italiano è ancora piuttosto limitata (sono meno di 20 le start-up che abbiamo mappato nel nostro osservatorio).
Letto in ottica positiva, vuol dire che ci sono spazi di sperimentazione e test molto interessanti, per essere pronti (e sarebbe davvero un peccato non esserlo) quando il mercato – ed è solo questione di tempo – esploderà.